Come ho richiamato l’Amico Blu per la seconda volta
Quella che sto per fare è la descrizione di una serie di azioni (e una tecnica) nate “per caso” e non premeditate, che mi hanno portato a richiamare la stessa percezione e sensazione del doppio che ho vissuto la prima volta, ma in modo più controllato.
Non so se sia una procedura ripetibile e se darà gli stessi effetti in futuro (ma ho intenzione di scoprirlo nei prossimi giorni). Ho deciso di condividerla con voi nella speranza che possa essere utile, o almeno uno spunto di confronto e di lavoro. Ho ancora le idee confuse, abbiate pazienza 🙂
Premessa
Sono uscito a fare una passeggiata dopo il lavoro. Avevo la testa piena di pensieri ingarbugliati legati alla mia situazione lavorativa. Sto cercando di ripulire il mio Tonal dalle complicazioni del mio lavoro a computer, che sta andando bene, ma che non reggo più fisicamente. Camminavo e cercavo di pensare a una soluzione, ma era come sbrogliare una matassa senza capo né coda. Ho visto chiaramente che è impossibile risolvere con il dialogo interno un problema generato dal dialogo stesso. E così mi sono arreso. Fanculo, l’unica possibilità è fare silenzio interiore, il resto se ne vada pure al diavolo.
Il luogo
Ho camminato di sera in collina, in mezzo alla campagna quasi deserta, lungo una strada al buio circondata da alberi e campi, per diversi chilometri. In giro non c’era nessuno.
Le tecniche
Ho camminato e applicato varie tecniche per generare silenzio interiore. Passo artigliato, sguardo leggermente sfuocato, lanciare l’attenzione ai lati e portarla dentro, costruire la scena del sogno. Poi ho deciso di camminare ad occhi chiusi e sono andato avanti così per quasi un’ora, cercando di mettere in pratica l’idea di Mauro C. (generare la scena del sogno a partire dalla visualizzazione di mani e piedi e poi estenderla intorno. Geniale). Ovviamente sono finito fuori strada varie volte, ma poco importa, non mi sono ammazzato.
Verso la metà del percorso, quando avevo già creato un buon silenzio interiore, ho deciso di camminare sempre ad occhi chiusi, ma all’indietro. Molto interessante (vi lascio immaginare la scena… un pazzo che cammina all’indietro ad occhi chiusi facendo movimenti strani con le braccia e le gambe… una scena da Paura e Delirio a Las Vegas).
Sono andato avanti così fino a raggiungere il mio prezioso alleato, una grande quercia secolare (più di 4 metri di diametro) che frequento ogni volta che ho bisogno di placare il dialogo interno e rilassare le fibre del corpo. Sono restato un po’ di tempo sotto la sua enorme chioma protettiva.
Poi ho sentito la voglia di indossare le cuffie e ascoltare la playlist di Marco ad alto volume (Steven Wilson, che ve lo dico a fare). Nel frattempo ho cominciato a fare i movimenti nell’area delle possibilità, assieme all’albero, accompagnato dalla musica.
Ad un tratto è successa una cosa: alle mie spalle, lungo la strada, è arrivata un’automobile. I suoi fari hanno proiettato la mia ombra lungo la strada e fino agli arbusti dall’altra parte della carreggiata, a una quindicina di metri di fronte a me. Man mano che l’automobile si avvicinava, l’ombra si sdoppiava, diventava sempre più grande e mi veniva incontro, sovrapponendosi a me, gigantesca, nel momento in cui l’auto mi superava e proseguiva oltre.
Ho avuto la prontezza di agganciare la volontà all’ombra e l’effetto è stato interessante, in particolare sul centro vibratorio.
Ora il caso ha voluto che nel giro di 15 minuti siano passate diverse auto e un paio di grossi trattori, il che mi ha dato la possibilità di ripetere più volte la tecnica.
Un caso davvero fortunato, considerando che prima e dopo non sono passate automobili.
A forza di ripeterla, questa tecnica dell’ombra ha rievocato in me la forte sensazione del doppio energetico, è stato come una specie di richiamo irresistibile.
Forse grazie anche al brano che stavo ascoltando in quel momento (Porcupine Tree – The Sky Moves Sideways), ho sentito l’Amico Blu emergere e prendere il sopravvento, crescendo intorno a me.
Sono rimasto altro tempo a fare movimenti nell’area delle possibilità assieme all’albero, ma con una sensazione molto diversa, di “possibilità o potenzialità”, mentre la sensazione del doppio si stabilizzava.
E poi mi sono incamminato per tornare verso casa. La sensazione era quella di essere alto tre metri o più. Una sensazione di lucidità e presenza, di “intensificazione” e di carica energetica nel corpo che non saprei descrivere altrimenti. Percepivo le chiome degli alberi mentre ci passavo sotto. Scintillante.
Le ali di percezione erano più estese, più dense.
Qualcosa di strano dev’essere successo veramente, perché arrivato in prossimità di casa i cani della via mi abbaiavano contro in modo insolito.
Il rientro a casa
Subito prima di arrivare a casa ho incrociato due amici che andavano a passeggio e sono riuscito a conversare in modo quasi normale. La cosa buffa è che appena mi hanno visto hanno esclamato: “Hey, sei bello rilassato eh! Cos’hai combinato!?!” e non mi mollavano più.
Rientrando in casa ho sentito appieno l’effetto coercitivo della socialità e della solita modalità del tempo. Ho mantenuto il più possibile la sensazione del doppio, giusto il tempo di fare un “massaggino” alla caviglia di mia figlia, che le faceva male. Anziché fare il solito massaggio fisico, ho sentito l’impulso di manipolarle le fibre, senza toccarla. La percezione era ancora quella del corpo blu sovrapposto al mio e la possibilità di interagire con le sue fibre a un livello più profondo (non è la parola giusta… forse più “consapevole”?).
Il suo feedback è stato immediato: <<cosa mi stai facendo? Sento come se entri dentro la gamba e mi massaggi dentro… mi fa il solletico, è piacevole>>. E le brontolava la pancia.
Del resto si sa, le Leopoldine sono più sensibili 😀
Poi tra mio figlio più piccolo che continuava a saltarmi sopra e gli altri che richiamavano la mia attenzione, la cosa non è durata molto. Nel giro di qualche minuto la sensazione del doppio è svanita, senza lasciare le strambe conseguenze della volta precedente (meno male!).
Ed eccomi qui a scrivervi.
In conclusione
Nulla di questo era stato pianificato, l’Amico Blu era l’ultimo dei miei pensieri. Credo che tutto sia accaduto grazie alla decisione di far tacere il dialogo interno con ogni mezzo lecito e illecito, di usare ogni elemento del mondo a mio vantaggio, ma senza un fine personale. Solo arrendermi e fare silenzio. E poi la pazienza (ci sono volute più di due ore e vari chilometri), il tempismo (poter sfruttare il passaggio delle auto proprio in quella posizione strategica è stata una botta di culo pazzesca) e l’aiuto prezioso della grande quercia secolare. E di Steven Wilson 😀
Comunque penso che la tecnica dell’ombra si possa in qualche modo riprodurre (di certo con un’automobile, ma forse si può fare con una torcia potente, anche se poi manca l’effetto di “sdoppiamento” dell’ombra dovuto ai due fari dell’auto).
Grazie per aver avuto la pazienza di leggere fin qui.
Un abbraccio