E’ davvero necessario sperimentare la sofferenza nella nostra vita?

Daria & MaximilianInterviste2 Comments

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E’ sabato pomeriggio, fuori c’è il sole (non si sa ancora per quanto tempo, qui in Irlanda la giornata cambia molto velocemente). Ho deciso di affrontare l’argomento della sofferenza perché in queste settimane ha toccato molto da vicino la nostra famiglia, quasi al punto di farci perdere la speranza e la volontà di andare avanti.

Te ne parlerò tra un attimo, ma prima parliamo della sofferenza.

Per prima cosa è necessario fare una distinzione tra Dolore e Sofferenza. Sono due cose molto diverse, anche se spesso le confondiamo.

Il dolore fa parte della vita e non si può evitare. Abbiamo un corpo mortale, che può ferirsi e ammalarsi. I nostri sensi sono super sensibili e basta veramente poco per sentire dolore. Anche chi ha una soglia di sopportazione molto alta è comunque in grado di provare dolore. E per fortuna: il dolore garantisce la nostra sopravvivenza. Il dolore è il campanello di allarme che qualcosa non va per il verso giusto: ci dice che dobbiamo intervenire per non mettere a rischio la nostra vita.

Quello fisico non è l’unico tipo di dolore che possiamo provare. Anche certe emozioni fanno male… ad esempio la perdita di una persona cara è un evento molto doloroso. Così come il sentirsi aggrediti, umiliati, minacciati, offesi, abbandonati… di fatto ci sentiamo “feriti”. Sono le ferite del Cuore, che fanno male tanto quanto quelle del corpo, anzi forse di più.

Sia il dolore fisico che quello emotivo hanno due cose in comune: la prima è che ognuno di noi ha un diverso grado di sensibilità e di sopportazione del dolore. Quindi il dolore è una nostra percezione soggettiva.

La seconda è che il dolore è passeggero, perché per quanto sia intenso e in apparenza insopportabile, prima o poi svanisce.

Queste sono due ottime notizie: possiamo allenarci a gestire il dolore per renderlo più sopportabile (cambiando la nostra percezione soggettiva) in attesa che svanisca, perché sappiamo che lo farà. L’esperienza ce lo insegna.

Le ferite del corpo, come quelle del Cuore, prima o poi guariscono e il dolore se ne va.

E la sofferenza invece che cos’è?

Dal mio punto di vista, la sofferenza è uno stato mentale alterato, che nasce dalla non accettazione (e quindi dal rifiuto) della Vita nelle sue infinite manifestazioni.

Ad esempio: la Vita è fatta così, si nasce e si muore. Prima o poi a tutti quanti capita di vivere un lutto e di perdere una persona cara. Questo è un evento doloroso, ma inevitabile.

Quando accade, possiamo fare due cose: possiamo affrontare l’evento nel modo più positivo possibile, cercando di lenire il dolore in attesa che passi, con l’obiettivo di ritrovare la gioia e la serenità. Possiamo essere grati per aver avuto la fortuna di trascorrere del tempo con questa persona, sapendo che la morte fa parte della Vita. Possiamo circondarci dell’affetto delle altre persone e intanto ci lecchiamo le ferite.

Oppure possiamo opporci a questo evento e non accettarlo, maledire la Vita perché porta con sé la Morte. Ci rinchiudiamo in noi stessi, nella rabbia e nell’odio, tutto diventa cupo e insopportabile. Quando ci comportiamo in questo modo, succede qualcosa di strano: la ferita, anziché rimarginarsi e guarire, rimane aperta e peggiora. Il dolore non scompare, ma si amplifica. Ciò che mantiene vivo il dolore e aperta la ferita è la sofferenza, e cioè il rifiuto dell’esperienza e quindi della Vita.

Molto spesso la sofferenza nasce dall’attaccamento. Non solo alle persone, ma anche alle cose. Perdere qualcosa a cui teniamo molto, perché si rompe, o perché ce lo rubano o perché lo abbiamo smarrito, provoca dolore. E’ normale. Noi possiamo rispondere a questo dolore dicendo: “e va beh, pazienza, si vede che era destino così. Ho goduto della presenza di questa cosa, e ora è andata per la sua strada. Amen”. Oppure, di nuovo, posso arrabbiarmi, agitarmi, maledire l’intero universo e non darmi pace. Mi tengo stretto il dolore, lo amplifico, finché questo dolore provoca altro dolore (ad esempio perché mi faccio venire “un fegato così” dalla rabbia, e poi mi vengono i calcoli biliari!). Sì, spesso è proprio la sofferenza stessa a creare ulteriore dolore.

Una forma subdola di attaccamento è l’aspettativa. Se le cose non vanno come diciamo noi, che sofferenza! Di nuovo, anziché accettare che la Vita è fatta così e che non possiamo avere il controllo su nient’altro che noi stessi, anziché avere fede e ringraziare la Vita perché in ogni istante ci offre ciò che è meglio per noi, anziché fluire in armonia nel “qui e ora”, ci arrabbiamo, ci opponiamo, malediciamo tutto e questo ci provoca una grande sofferenza.

La verità è che dal nostro punto di vista così limitato non possiamo sapere con certezza quali conseguenze avranno le nostre scelte in un lontano futuro. Certo, ha senso programmare la nostra vita e darci una direzione, ma se le cose non vanno come ci aspettiamo, è inutile arrabbiarci e creare sofferenza. Mi viene in mente una vignetta della Settimana Enigmistica di almeno 20 anni fa… marito e moglie devono prendere l’aereo. La moglie si veste e il marito le urla arrabbiato che è tardi. Poi la moglie si trucca e il marito le urla arrabbiato che è tardi. Poi la moglie prepara la sua borsetta e il marito le urla arrabbiato che è tardi. Mentre vanno all’aeroporto la moglie cammina lenta per colpa dei tacchi alti e il marito le urla arrabbiato che è tardi. Alla fine arrivano all’aeroporto, ma perdono l’aereo. Il marito fuori di sé inveisce contro la moglie… mentre l’aereo durante il decollo precipita e si schianta al suolo. Ti lascio immaginare la faccia del marito.

Questa vignetta un po’ cruda mi ha sempre fatto riflettere. Ho la testa dura e sono molto caparbio. Troppo spesso mi concentro sulle mie aspettative e su quello che voglio io, insistendo ad andare a tutti i costi nella direzione che voglio io, anche se la vita ha altri programmi per me. Questo puntualmente ha due effetti:

  1. Soffro terribilmente perché vado con grandissimo sforzo in una direzione che non è quella giusta per me (e non ne va dritta una)
  2. Quando (nonostante tutto) sono arrivato dove volevo io, mi ritrovo nei pasticci e non vedo l’ora di uscirne… che fesso!

E qui mi ricollego a ciò che dicevo all’inizio… Siamo arrivati in Irlanda con l’aspettativa di trovare subito casa, di sbrigare rapidamente tutte le pratiche burocratiche, sistemarci velocemente e poi ritornare alla nostra routine di sempre, casa, lavoro, famiglia… Ovviamente le cose non sono andate così e ci sono state alcune piccole difficoltà. Trovare casa è stato più difficile del previsto, perché ci sono pochi alloggi e molta richiesta. E i costi sono molto più alti del previsto. Avevamo pianificato di vivere nel centro della città, così da non dover utilizzare l’automobile. Mandare Surya all’asilo Steineriano, che è proprio vicino al centro. E io avrei potuto avere un potentissimo collegamento ad internet con la fibra ottica, cosa che mi avrebbe agevolato nel lavoro.

E invece tutto sembrava ostacolarci. Niente case in centro, Surya non vuole andare all’asilo… E noi abbiamo cominciato a farci prendere dallo sconforto. La tensione saliva… e io cominciavo a dare spazio alla paura. Niente andava per il verso giusto, mi sentivo quasi “maledetto” da un sortilegio (ok possiamo anche chiamarla sfiga), pensavo di avere sbagliato tutto, di essere stato abbandonato da Dio… e tutto diventava sempre più cupo, sempre più oscuro, sempre più triste e sempre più spaventoso. Ero sempre sull’orlo del pianto e con un muso lungo un metro. Avevo l’energia sotto i piedi e tutto era così maledettamente difficile… Ogni cosa che non andava secondo i miei piani era un’occasione in più per ripetere “ecco lo sapevo! Dio ce l’ha con me, sono sfigato, ho sbagliato tutto, non ce la farò mai!!!”. Mamma mia come soffrivo… e questa sofferenza si autoalimentava, cresceva e mi privava della fede, della speranza, della gioia di vivere…

E tutto PER NIENTE!!!

Infatti non stava succedendo nulla di grave. Eravamo arrivati da una settimana, come potevamo pensare di trovare subito casa, quando altre persone aspettavano da due o tre mesi di trovare una sistemazione adeguata? E Surya, a due anni e mezzo, non è pronto per andare all’asilo, dove tra l’altro non parlano italiano…

Insomma, la vita aveva altri programmi per noi, ma io mi sono fatto prendere dalla paura e ho perso la testa. E’ stata una settimana difficile, in cui mi sentivo sprofondare sempre di più… mi sentivo come Anakin Skywalker che si lasciava possedere dal Lato Oscuro della Forza (hai presente Guerre Stellari?)

Morale della favola? Dopo una settimana, quando ormai tutto sembrava perduto (vabbè, sto esagerando, ma io la vivevo davvero così), insomma dopo una settimana troviamo una casa bellissima, fuori dalla città e lontana dal traffico, con un bellissimo giardino pieno di frutta e verdura già coltivata, gli alberi con le altalene, un affitto non troppo alto… A soli 4 km dalla città più grande e da un paese più piccolo in cui ci sono tutti i negozi, i locali e dei bellissimi parchi, e per giunta in riva al fiume. Insomma, un piccolo paradiso. E anziché spendere 50 euro al mese per una connessione in fibra ottica, sto utilizzando la connessione a internet del mio smartphone che mi costa solo 20 euro al mese, ha il traffico illimitato e viaggia 10 volte più veloce di quella che avevo in Italia (non avrei davvero bisogno di più velocità).

La verità è che dentro di noi, io e mia moglie…

  • Volevamo un posto immerso nel verde e con il giardino
  • Non volevamo stare nel traffico e nel caos della città
  • Avevamo voglia di fare attività fisica e di girare in bicicletta in mezzo alla natura
  • Sentivamo che Surya non era ancora pronto per l’asilo

Ma la nostra testa, la nostra mente superficiale, si era lasciata condizionare dalle preoccupazioni, dai consigli degli altri, da tutta una serie di paure e di aspettative. E così stavamo cercando di andare in una direzione che non era buona per noi. Ma anziché affidarmi, avere fede e ripetere a me stesso che tutto andrà per il meglio, mi sono fatto prendere dalla paura e questo ha creato in me enorme sofferenza.

Insomma, per rispondere alla domanda iniziale, dal mio punto di vista la sofferenza può essere evitata. Il dolore no, ma la sofferenza sì!

Ieri al parco ho visto un cane con tre zampe. Non stava lì a piangersi addosso, non stava a maledire la vita che lo ha privato di una zampa. Faceva la sua vita dignitosamente e serenamente, con tre zampe al posto di quattro. Certo per lui è più difficile che per altri cani. Ma ripeterselo non gli renderà la vita più facile, anzi. E di certo avrà sofferto, ma ha scelto la vita. Non avendo alternative, ha scelto di vivere la vita con la massima intensità. Un corpo con tre zampe è pur sempre meglio di un corpo senza zampe, no?

Quindi credo che la sofferenza possa essere evitata. Ma a volte è necessario sperimentarla. Quando perdiamo la bussola, quando perdiamo la fede e la speranza, allora la sofferenza ci fa accorgere che stiamo sprofondando in un buco nero e che dipende solo da noi andare sempre più giù verso un baratro o risollevare lo Spirito, abbracciare la Vita e andare verso la Gioia.

La grande differenza tra dolore e sofferenza è che il dolore ci mette comunque un tempo per andarsene, un tempo fisiologico. La sofferenza invece può essere spazzata via in un attimo! Basta volerlo!

Quindi sia benedetta la sofferenza, quando ci aiuta a ritrovare la fede, la speranza e l’amore per la Vita.

E indovina un po’? Abbiamo intervistato una persona che parla proprio di questo… 🙂

Lei si chiama Ana Maria Ghinet ed è una grande ricercatrice spirituale. Nella sua vita ha provato molto dolore, ma anziché lasciarsi abbattere dalla sofferenza, ha scoperto che tutti noi attraverso la sofferenza possiamo entrare in contatto con la parte divina che è dentro di noi e ritrovare la nostra missione, lo scopo per cui siamo venuti al mondo.

http://www.supernaturalcafe.it/?p=508

In questa intervista, Ana Maria condivide con noi il suo punto di vista sulla sofferenza e ci parla della Riprogrammazione Energetica del Punto Zero, il metodo che ha creato per aiutare le persone a superare gli ostacoli proiettati dalla mente, per sviluppare il massimo potenziale e realizzare la propria missione di vita.

http://www.supernaturalcafe.it/?p=508

Ora che ho finito di scrivere l’articolo, il sole ha lasciato posto alle nuvole. Qui in Irlanda è così, il tempo cambia molto rapidamente, si passa dal sole alla pioggia in 5 minuti. Questo ci sta aiutando a prendere le cose come vengono. Inutile lamentarsi del maltempo, basta uscire di casa con l’abbigliamento e con lo spirito giusto! Ora infatti ce ne andiamo a fare un bel giro in bicicletta, e se pioverà… sia benedetta la pioggia, che fa crescere questa natura bella e rigogliosa, qui nell’Isola di Smeraldo!

Maximilian & Daria

2 Comments on “E’ davvero necessario sperimentare la sofferenza nella nostra vita?”

  1. Si certo, facile amare la vita quando si ha tutto, casa lavoro e una bella vita con tanti bei soldini.
    Facile amare Dio quando tutto funziona. Io ho 55 anni, non lavoro da tempo e perdero’ la casa dove vivo dalla nascita , oltre a non avere nessuno al mondo che mi ama.
    Quindi mi stai dicendo che Dio fa delle distinzioni, ha delle preferenze vero ?
    A te ha dato gioie e soldi, a me poverta’ e tanto dolore.
    Perche mai a te si e a me no ?
    Che razza di Dio e’ ?
    Ciao

    1. Ciao, mi sa c’è qualche equivoco da chiarire…
      Primo: dal mio punto di vista Dio non è una persona, non ha preferenze e non fa distinzioni. Se pensi che Dio sia una persona, separata da te e che sceglie la tua vita al posto tuo, che fa distinzioni e preferenze, beh, allora per definizione non può essere Dio.
      Secondo: a me la vita non ha dato solo gioie e soldi, ma anche povertà e dolore, come a tutte le persone di questo mondo. Veniamo qui per fare esperienza del bene e del male, in tutte le sue forme. E siamo tutti sulla stessa barca, tutti sperimentiamo felicità e sofferenza, gioia e dolore, guadagni e perdite, vittorie e sconfitte, fortuna e sfortuna.
      Terzo: la causa della tua sofferenza è nella tua mente, che si sente separata dal resto, che ha delle aspettative non realizzate, che giudica tutto, rifiuta, condanna, disapprova, si sente vittima e pensa che ci sia qualcuno o qualcosa da incolpare, da biasimare o da invidiare.
      Quarto: tutti siamo nati e tutti moriremo. Quello che hai avuto in questa vita, sia esso bello o brutto, lo lascerai qui, tra non molto.
      Ora la scelta è tua: puoi lamentarti della tua condizione attuale e incolpare Dio, puoi fare la vittima e invidiare chi sta meglio di te, ma la tua situazione non migliorerà.
      Oppure puoi decidere di prendere in mano la tua vita, affrontare a testa alta il viaggio che la vita ti offre e sviluppare buoni ammortizzatori per superare le buche e gli ostacoli che tutti quanti incontriamo sul nostro cammino.
      La vita è quello che è, ma per ognuno di noi la vita diventa ciò che ci raccontiamo.
      Se la tua vita fa schifo è perché ti stai raccontando questo.
      Il Dio di cui stai parlando SEI TU. L’unico Dio che ha veramente il potere di affrontare la tua vita in modo diverso, quello sei tu.
      Un abbraccio 🙂

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